DIALOGO SI…MA CON CHI?
A due settimane dal referendum e una settimana dall’insediamento del nuovo Governo Gentiloni, è sin troppo facile pensare che l’Italia dopo 70 anni ha nuovamente deciso per la democrazia, ha nuovamente indirizzato il proprio animo alla sovranità del popolo. Forse tra qualche anno capiremo meglio quanto il passaggio referendario sia stato critico per la nostra democrazia, l’Italia oggi ci sembra più Italia e cittadini ci sembrano più cittadini. Vogliamo illuderci e credere che ci sia ancora la possibilità per ripartire dal basso, perché se qualcosa ci hanno insegnato questi mille giorni di governo renziano è che quando il popolo si disinteressa alla politica e alla cosa pubblica ci pensano le banche e i poteri forti internazionali a prendersi quegli spazi.
Un’altra lezione che vorremmo capitalizzare è la necessità di una rappresentanza politica del mondo della scuola: il mondo della scuola vero, fatto di insegnanti e di formatori che la scuola la vivono e soprattutto la amano. Basta con i muri alzati dal vecchio Governo, zero dialogo e condivisione dei problemi ma solo arroganza e ricette già scritte, come lo svuotamento delle GaE, il concorso, l’algoritmo e la mobilità. Risultato? Questo è stato l’inizio scolastico più disastroso degli ultimi 40 anni, dopo che già lo scorso anno pensavamo di aver toccato il fondo. Se la lezione fosse servita potremmo oggi ripartire da capo, chiedendo giustizia per la scuola, sperando che questa volta ci sia la disponibilità al dialogo. Ripartirei dagli esclusi della legge 107/15, i docenti abilitati e iscritti nella Seconda Fascia delle Graduatorie d’Istituto e magari anche quelli di Terza Fascia con più di 3 anni di servizio qualora le graduatorie di prima e seconda fascia siano esaurite. Docenti esclusi dal piano straordinario di assunzione e condannati alla precarietà “in scadenza” e al concorso truffa che non è riuscito a selezionare neanche la metà dei 63700 posti disponibili su “carta”, a fronte di una platea di 120mila aspiranti. Lo sappiamo che gli interessi sono davvero tanti e come spesso accade i più deboli devono soccombere attraverso la legge del mercato o meglio di darwiniana selezione della specie. I precari, i non-dipendenti, le pseudo partite iva che ogni anno si aggrappano a una convocazione. La prima cosa che ci piacerebbe chiarire è chi sono questi precari della scuola?
A questa stessa domanda il MIUR e il Governo non hanno saputo rispondere. Si sono nascosti dietro la giurisprudenza, classificano i precari in base a una mera collocazione in graduatoria e non in relazione agli anni di servizio prestato appassionatamente dentro le istituzioni scolastiche pubbliche e private. Purtroppo per il resto d’Europa questa classificazione speciosa non rappresenta nulla. Il precario per noi è quel lavoratore che ha garantito il funzionamento dell’istituzione scolastica essendo presente ogni mattina nel suo posto di lavoro. Graduatorie a Esaurimento e Graduatorie di Istituto, sono classificazioni inconsistenti nella legislazione comunitaria, classificazioni che nel Bel Paese hanno pesano come macigni sulle nostre vite. Tu si…tu no! Assurdo ma è stato proprio così che si sono stabilizzati i precari delle Graduatorie a Esaurimento anche se non avevamo mai svolto un’ora di servizio e magari avevano già un posto a tempo indeterminato. Loro sono stati assunti, magari spostandoli a 1000 chilometri di distanza, mentre coloro che da dieci anni lavoravano nella scuola, i precari delle Graduatorie di Istituto, continueranno a fare i precari ma questa volta a scadenza (36 mesi), per poi essere lasciati senza lavoro, i nuovi ESODATI del Governo Renzi. Il problema è tutto in una semplice postilla che attribuisce o meno il valore concorsuale al titolo abilitante. Questo valore concorsuale tranquillizza il Palazzo, garantendo la sensazione di agire costituzionalmente rispettando l’art.97 comma 3 della nostra Costituzione che afferma: “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Quindi non è colpa del governo se fino ad ora, dai precedenti governi sono stato: formato (a mie spese), sfruttato e mal retribuito (negazione degli scatti di anzianità). Siamo all’assurdo, dopo avermi imposto le loro condizioni di lavoro, oggi mi vogliono far credere di essere io il mio problema. Oggi questi docenti, che hanno formato generazioni di studenti, sono cresciuti e in alcuni casi invecchiati, sono mariti, mogli, genitori. Perché è così difficile usare “buon senso”? Sono i nostri padri costituenti a venirci in soccorso: “salvo i casi stabiliti dalla legge” recita l’articolo sopracitato. È davvero impossibile prevedere una legge che sani questo abuso nei confronti dei lavoratori della scuola? Ad alcuni la parola “sanare” fa paura, riecheggiano fantasmi del passato, ma è lo Stato che deve sanare se stesso e la sua abusiva pratica della reiterazione dei contratti a termine. Lo dice con la sentenza del 26 Novembre 2014 la Corte di Giustizia Europea.
Se è lo Stato che sbaglia perché sono io che devo pagare? Occorre prendere atto che dietro i numeri e le graduatorie vivono esseri umani con un cuore e sentimenti. Uomini e donne che faticano a trovare la serenità per entrare quotidianamente in classe e trasmettere la gioia di vivere e la curiosità di scoprire ai vostri figli. Il MIUR discrimina noi abilitati appellandosi all’anno di conseguimento del nostro titolo, violando di fatto la nostra Costituzione, visto che all’articolo 3 prevede i principi di uguaglianza sostanziale e formale tra i cittadini.
Rivendichiamo l’equipollenza dei nostri titoli rispetto a quelli conferiti prima della chiusura delle GaE del 2006, fatta peraltro dallo stesso partito che oggi ci esclude, chiedendo il nostro diritto all’assunzione. I nostri titoli abilitanti sono costati tempo, denaro, sacrifici, fatica e lunga preparazione. Siamo stanchi di essere discriminati anche nelle supplenze annuali, dopo tanti anni ci costa attendere con pazienza le convocazioni delle “20 scuole”, sperando che non ci siano i soliti ritardi e i valzer degli incarichi sino ad “avente diritto” dovuti ad a ritardi nell’aggiornamento delle graduatorie o a sentenze giudiziarie che penalizzano non solo noi, ma la scuola stessa, che perde in qualità e continuità didattica, con continui cambi di supplenti.
Chiediamo delle nuove Graduatorie Provinciali degli Abilitati senza alcun limite in ordine al numero di scuole da utilizzare nei vari ambiti territoriali. In fondo chiediamo solo di lavorare e che venga rispettato il nostro diritto a un salario equo e regolare così come lo è il nostro impegno professionale, invece di dover sperimentare ogni anno ritardi nel pagamento sia dello stipendio, della tredicesima, delle ferie, del TFR e dell’indennità di disoccupazione.
Visto che la scuola ha bisogno di questi docenti si avvii al più presto quella che la legge 107/15 chiama “fase transitoria”, ripristinando il doppio canale di reclutamento per noi della seconda fascia che siamo e saremo gli ultimi docenti abilitati con il sistema di percorsi statali riconosciuti, prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema di reclutamento.
Noi siamo pronti al dialogo, il problema è…con chi?